Gaetano Donizzetti

(1797 - 1848)

 

Gaetano Donizetti (Bergamo, 29 novembre 1797 - 8 aprile 1848) è stato un compositore italiano, famoso soprattutto come operista.

Scrisse 69 opere, musica sacra e da camera. Le opere di Donizetti oggi normalmente rappresentate nei teatri di tutto il mondo sono L'elisir d'amore, Lucia di Lammermoor e Don Pasquale. Con frequenza inferiore, sono allestite La Fille du Regiment, La Favorite, Maria Stuarda, Anna Bolena, Lucrezia Borgia e Roberto Devereux.

Nato a Bergamo da una famiglia di umile condizione, fu ammesso alle lezioni caritatevoli di musica tenute da Giovanni Simone Mayr (o Johann Simon Mayr) e dimostrò ben presto un talento notevole, riuscendo a rimediare alla scarsa qualità della voce (era necessario svolgere egregiamente il servizio di cantore per poter proseguire i corsi gratuiti) con i progressi nello studio della musica.

Fu proprio Mayr ad aprire all'allievo prediletto le possibilità di successo curandone prima la formazione ed affidandolo poi alle cure di Stanislao Mattei. A Bologna, dove proseguiva gli studi musicali, Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione, che sarà rappresentata postuma, e interessanti composizioni strumentali.

Ancora il maestro Mayr, insieme all'amico Bartolomeo Merelli, gli procurò la prima scrittura per un'opera al Teatro S. Luca di Venezia: andrà in scena Enrico di Borgogna il 19 novembre 1818.

Conclusa l'esperienza veneziana, il compositore fu a Roma, presso l'impresario Paterni, come sostituto di Mayr. Sul libretto poco felice del Merelli (Donizetti lo avrebbe definito "una gran cagnara"), scrisse Zoraida di Granata, che sarebbe comunque stata revisionata due anni dopo, con l'aiuto del Ferretti. Al termine dell'opera si recò a Napoli per supervisionare l'esecuzione di Atalia di Mayr, oratorio diretto da Gioachino Rossini.

In seguito alla fuga del direttore con la Colbran, l'impresario Barbaja assunse Donizetti, che debuttò il 12 maggio del 1822 con La zingara, opera semiseria su libretto del Tottola. In sala era presente Vincenzo Bellini, che rimase ammirato dalla scrittura orchestrale, ma che in seguito non ricambiò la stima profonda che Donizetti aveva per lui.

Questo periodo fu caratterizzato dalle numerose farse. La lettera anonima, andata in scena nel giugno del 1822 al Teatro del Fondo, attirò l'attenzione della critica, che apprezzò la padronanza con cui Donizetti affrontò il genere buffo napoletano.

Il contratto con Barbaja lo impegnò per quattro opere l'anno. Subito dopo la rappresentazione di Alfredo il Grande, egli mise mano al Fortunato inganno, satira teatrale ispirata ai precedenti di Benedetto Marcello (Il Teatro alla moda, 1720) e di Carlo Goldoni (Il teatro comico, 1750) e che fu per Donizetti un esercizio preparatorio per Le convenienze e le inconvenienze teatrali, del 1827, in parte già accennato anche nel personaggio di Flagiolet della Lettera anonima.

Il libretto di quest'opera fu il primo che Donizetti scrisse da sé. Il compositore aveva avuto un periodo di crisi che superò grazie alla collaborazione di Jacopo Ferretti, il quale lo aiutò a delineare uno stile personale. L'amicizia e la collaborazione professionale con Ferretti durarono a lungo, destando in lui il gusto per la parola e rassicurandolo sulla possibilità di scrivere libretti anche da solo.

Negli stessi anni dovette preoccuparsi del mantenimento della moglie Virginia, sposata nel 1828, ed ebbe il dolore della perdita del figlio primogenito. La produzione fu spesso di routine.

Fu nel 1830, con Anna Bolena, scritta in soli trenta giorni per il Teatro Carcano di Milano, che Donizetti ebbe il primo grande successo internazionale, mostrando una piena maturità artistica. Particolare curioso: dopo il successo di Anna Bolena, Mayr gli si rivolse chiamandolo Maestro. Il rapporto di affetto e stima tra i due compositori rimase saldo fino alla morte di entrambi.

Di qui in poi, la vita professionale di Donizetti proseguì a gonfie vele, anche se non mancarono i fiaschi, intrecciati a vicende familiare che non gli risparmiarono alcun dolore, spesso nei momenti di maggior gloria.

Nel 1832, dopo l'insuccesso di Ugo, conte di Parigi, il pubblico milanese applaudì L'elisir d'amore, su libretto di Felice Romani da una commedia di Eugène Scribe. L'anno successivo, sempre a Milano, fu presentata con successo Lucrezia Borgia, per la quale Donizetti previde una nuova disposizione dell'orchestra: quella utilizzata a tutt'oggi, con gli archi disposti a semicerchio davanti al podio.

Ricevette poi l'invito di Rossini a scrivere un'opera per il Théâtre des Italiens di Parigi: nacque il Marin Faliero, su libretto di Bidera (da Byron), risistemato da Ruffini, che andò in scena il 12 marzo 1835 senza successo.

Erano passati due mesi dalla rappresentazione dei Puritani di Vincenzo Bellini, quando l'andata in scena Lucia di Lammermoor ripropose la competizione milanese del 1832 fra Fausta e Norma. La stima fra Bellini e Donizetti non fu affatto reciproca: il primo non risparmiò critiche feroci al secondo, che invece rimase sempre ammirato dalla musica del catanese (Bellini morì in quell'anno e Donizetti scrisse per lui una Messa da Requiem).

Al Teatro San Carlo di Napoli la prima di Lucia di Lammermoor, su versi di Salvadore Cammarano, fu un trionfo. L'opera è considerata un capolavoro, come al solito scritto in tempi ristrettissimi (trentasei giorni). L'anno seguente il Belisario fu applaudito alla Fenice, ma l'anno fu funestato dalla morte del padre, della madre e della seconda figlia. Due anni dopo sarebbero mancate anche la terza figlia e la moglie.

Furono momenti di sconforto totale («Senza padre, senza madre, senza moglie senza figli... per chi lavoro dunque ? ... Tutto, tutto ho perduto»), ma Donizetti non smise mai di lavorare, componendo in questi anni sia opere buffe che drammi romantici come Roberto Devereux e Maria de Rudenz.

Presto Donizetti si decise a lasciare Napoli: i problemi con la censura per il Poliuto (che alla fine non andò in scena) e la mancata nomina a direttore del Conservatorio (di cui era direttore effettivo) sicuramente lo rinsaldarono nei suoi propositi, e in ottobre era già a Parigi. Qui era ad accoglierlo l'amico Michele Accursi, spia pontificia, che aveva anche lavorato per favorirne la venuta.

In quegli anni le sue opere furono rappresentate ovunque, sia in traduzione che in lingua originale presso il Théâtre des Italiens. Scrisse La fille du régiment, che debuttò all'Opéra-Comique nel febbraio del 1840, e preparò una versione francese del Poliuto, intitolata Les martyrs.

L'anno seguente scrisse La favorita, riciclando pagine di un'opera mai conclusa: L'ange du Nisida. Ricevette anche l'importante nomina a cavaliere dell'Ordine di S. Silvestro da parte di papa Gregorio XVI, ma fu l'invito di Rossini a dirigere l'esecuzione dello Stabat Mater a Bologna l'avvenimento più significativo. Quindi, grazie ad una raccomandazione per Metternich vergata da Rossini stesso, Donizetti partì alla volta di Vienna, dove il 19 maggio presentò Linda di Chamounix.

Si era ormai giunti al 1843, anno di composizione del Don Pasquale. Il libretto, preparato da Ruffini sulla base del Ser Marcantonio di Anelli, fu pesantemente rimaneggiato da Donizetti, al punto che l'autore ritirò la firma: l'opera fu per lungo tempo attribuita a Michele Accursio. La firma M.A. sta invece per Maestro Anonimo. Nel frattempo si occupò della rappresentazione francese della Linda di Chamounix e terminò Maria di Rohan: furono gli ultimi momenti di grande fervore creativo, poi la malattia ebbe il sopravvento.

Dalla penna del Maestro uscirono ancora Dom Sebastien, che ottenne grande successo a Parigi, e Caterina Cornaro, che fu fischiata, con gran delusione di Donizetti, a Napoli. Poi la pazzia, provocata dalla Sifilide, lo fece rinchiudere nel manicomio di Ivry, da cui uscì solo qualche mese prima della morte.

 


Pia dè Tolomei

 (1837)


Tragedia lirica in due parti.

 Libretto di Salvatore Cammarano dalla novella omonima di Bartolomeo Sestini

PIA, moglie di Nello, soprano
GHINO DEGLI ARMIERI, cugino di Nello, tenore
NELLO DELLA PIETRA, baritono
RODRIGO, fratello di Pia, contralto
PIERO, eremita, basso
UBALDO, servitore di Nello, tenore
BICE, soprano
LAMBERTO, antico servitore dei Tolomei, basso

Guerrieri, servitori, damigelle, eremiti.
 


PARTE PRIMA

QUADRO PRIMO

Appartamenti di Pia.

Scena prima
Familiari di Nello.

CORO I
Ancor del fosco notturno velo
tutto spogliato non era il cielo,
quando ravvolto nel suo mantello
segreto messo giunse al castello.

CORO II
Fu tratto forse dinanzi a Pia?
Nello, il consorte quell'uomo invia?

CORO I
Lo accolse Ubaldo...

CORO II
Ei viene appunto!

Scena seconda
Ubaldo e detti.

CORO I
Di', quel messaggio?...

CORO II
Dal campo è giunto?

CORO I
Reca novelle tristi, o felici?

CORO II
Parla! ...

CORO I
Disvela!...

UBALDO
Udite, amici:
(a voce bassa e in tono misterioso)
né Pia, né quanti le son dappresso
denno contezza aver del messo:
crudel mistero colui m'apprese...
(gli altri vorrebbero interrogarlo)
Sol debbe a Ghino esser palese.
V'allontanate.

CORO
Fatal messaggio
fra noi tremendo egli appari!...
Qual di cometa sanguigno raggio
che di spavento la terra empì!

Escono.

Scena terza
Ghino e detto.

UBALDO
Signor, giungi opportuno.

GHINO
Il mio sospetto
forse?

UBALDO Divien certezza.
Sorpresi un foglio.

GHINO
Di tue cure, Ubaldo,
premio condegno avrai.
(Ubaldo gli porge uno scritto)
"Quando sepolto
fia nel silenzio della notte il mondo,
inosservato per la via del parco
a te verrò: l'assenza
del tuo sposo abborrito a me concede
d'abbracciarti, oh, gioia, e tal mercede
soffrir mi fa la vita". O Pia mendace!
Ov'è il rigor, l'austera
virtude ov'è, che rampognar ti fea
l'amor di Ghino. Ah, sempre, o fatal donna,
separati ne avesse
quella tremenda eredità degli avi,
la vendetta, il furor, né ghibellino
talamo accolta chi nascea di Guelfi,
che tanto sventurato
or non sarei, né vinto e lacerato
da rimorsi infernal, d'un mio congiunto
la sposa amando!

UBALDO
E che risolvi, o Ghino?

GHINO
Chiesi vederla... Oh, se repulse ardisci
oppormi ancor, paventa...
Un detto mio ti perde... Ove trascorro!...
Ah, ne morrei da fera doglia oppresso...

UBALDO
E tanto l'ami ancor?

GHINO
Più di me stesso.
Non può dirti la parola
qual desìo m'incalza e punge...
La speranza che s'invola
nuove fiamme al fuoco aggiunge.
Pia m'aborre, Pia mi fugge...
Ma non fugge dal mio cor.
Ah! l'incendio che mi strugge
è delirio, e non amor!

Scena quarta
Bice e detti.

GHINO
Ebben?

BICE
Venirne
davanti a lei
più non ti lice.

GHINO
Chi a me lo vieta?

BICE
Pia.

GHINO
La cagione?

BICE
Saperla déi
e Nello, anch'egli
potria... T'acqueta.

GHINO
Troppo dicesti!

BICE
Nel mio linguaggio
ella ti parla: pensaci, e trema.
(parte)

UBALDO
Muto rimani a tanto oltraggio!

GHINO
Non ha favella un'ira estrema.
(dopo un momento di riflessione rende il foglio a
Ubaldo)
Rechi all'infida d'ignoto messo
quel foglio...

UBALDO
Intendo, riposa in me.

GHINO
Al campo io volo... E Nello, ei stesso
udrà qual onta costei gli fe'.
Mi volesti sventurato?
Sventurata sarai meco...
I miei pianti avranno un eco,
il mio duol vendetta avrà.
O mio core, o cor sprezzato,
gemi indarno in questo petto...
Déi bandir qualunque affetto
che somigli alla pietà.

Partono insieme.

Scena quinta
Pia, damigelle e detta.

DAMIGELLE
(invitando la Pia a sedere presso il verone)
Qui posa il fianco. È vivida
quest'ora del mattino,
imbalsamata è l'aura,
che move dal giardino:
di vaghi fior smaltato
ve' come ride il prato,
qui tutto spira e parla
celeste voluttà...
(È vano! A confortarla
uman poter non v'ha!)

PIA
A voi son grata... ma non è quest'alma
(alzandosi smaniosa)
più di gioia capace.

BICE
Almen di calma
lo sia.

PIA
Trista per me, funerea luce
il sol diffonde, e l'universo piange!

BICE
Misera!

PIA
In cor se mi leggessi, o Bice,
del mio stato infelice
maggior pietade avresti!...
(Oh incertezza crudel!... Giunger dovea
pria del giorno l'avviso...
Al suo fuggir, compro dall'oro, è forse
un ostacolo insorto?...
Della torre il custode
potria con empia frode
tradirmi?... Ah! no, che di Rodrigo ei stesso
mi fe' l'arcana prigionia palese.
Eppur, d'onde l'indugio?... Ah! ch'io mi perdo!
E fra tante dubbiezze, in cui smarrita
è la ragion nel core,
certo, ah! certo soltanto è il mio dolore!
O tu, che desti il fulmine,
che al nembo il fren disciogli,
le mie dolenti lagrime
in tua pietade accogli...
Quell'innocente vittima
salva, e conduci a me.
No, tu non puoi respingere
chi fida in te, buon Dio...
Il voto, che fra i gemiti
al tuo gran soglio invio,
è puro come gli angeli
che stanno in ciel con te.)

BICE
(Geme tuttor la misera!...

DAMIGELLE
Calma per lei non v'è!)

Scena sesta
Lamberto e dette.

LAMBERTO
Pia...
(traendola in disparte)

PIA
Che fu?... Smarrito in volto
sei, Lamberto!...

LAMBERTO
(sottovoce)
M'odi.

PIA
Ascolto.

LAMBERTO
Tra le querce... accanto al rio...
dove il parco è più solingo,
accostarsi a me vegg'io
un uom tacito e guardingo...
Ei gettandomi dappresso
questo foglio, in tuon sommesso
di recarlo a te mi dice,
quindi fugge al par d'un lampo.

Pia prende il foglio e l'apre.

PIA
(Le sue note... Me felice!...
(dopo aver letto)
Tolto è ormai qualunque inciampo!...)

LAMBERTO
(osservando il cambiamento del volto di lei)
(Il tormento a lei dà tregua!)

PIA
(Qui fra poco il rivedrò!...)

BICE
(L'altra nube si dilegua

DAMIGELLE
che la fronte a Pia velò!)

PIA
(Di pura gioia in estasi
è l'alma mia rapita!...
A lui dirò: sei libero,
io ti salvai la vita...
E amplessi, e baci, e palpiti
confonderemo intanto...
E verserem quel pianto
che di dolor non è!)

BICE, LAMBERTO e DAMIGELLE
(Ella cessò dal pianto!
Al ciel ne sia mercé.)

Si ritirano.


QUADRO SECONDO

Interno del padiglione di Nello.

Scena settima
Nello.

NELLO
Giurai svenarlo, ch'egli ardì col sangue
de' miei congiunti violar la pace
da noi giurata, quando a Pia mi strinse
sacro legame. Or della morte il ferro
gli sta sul capo, e gemo!
Almen la sventurata Pia,
che l'ama cotanto, il fine acerbo
non udrà del fratello...
Qualcun s'appressa...

Scena ottava
Ghino e detto.

GHINO
Nello?

NELLO
Ghino!... Tu qui!

GHINO
Mi tragge
alta cagion.

NELLO
Sembri agitato!...

GHINO
È vero
A palesarti orribile mistero,
a trafiggerti il petto
io venni.

NELLO
Ogni tuo detto mi fa tremar!

GHINO
Tu n'hai ben donde!... Pia...

NELLO
Qual nome proferisti!... e qual mi turba
nero sospetto!... No... spirto d'averno
lo desta in me... Soccorri
(abbandonandosi fra le braccia di Ghino)
al tuo fratello, dimmi che fida è la consorte...
Sgombra, deh! sgombra il mio spavento estremo.
Ghino getta sopra di lui un cupo sguardo, e rimane
in silenzio.
Oh, silenzio funesto!... Io gelo!... Io tremo.
È men fero; è meno orrendo
il silenzio della tomba.

GHINO
Il mio dir fia più tremendo.

NELLO
Ahi!... la morte in cor mi piomba!

GHINO
Infelice!

NELLO
Omai favella.

GHINO
Sei tradito!

NELLO
Il ver dicesti?

GHINO
Ah, purtroppo!

NELLO
(esitante)
Io fremo!... Ed ella?...

GHINO
Ella...

NELLO
O Ghino, a ché t'arresti?

GHINO
È un'infida.

NELLO
(tremante d'ira)
L'onor mio?...

GHINO
D'altra macchia ricoprì!

NELLO
E il tuo fulmine, gran Dio,
la spergiura non colpi?
(cade su uno sgabello. Pausa)
Parea celeste spirito
(alzandosi e con tutta l'effusione del dolore)
ascoso in uman velo!...
Per me quel riso angelico
schiudeva in terra il cielo!...
Il disinganno è giunto!
Tutto distrugge un punto!...
Il viver mio di lagrime
sorgente omai si fe'!

GHINO
(Seppi nel cor trasfondergli
parte del mio veleno:
le mie gelose furie
squarciano pur quel seno.
È ormai scoccato il dardo...
Ogni rimorso è tardo...
Gioia dell'alme perfide
io già ti sento in me!)

NELLO
(come colpito da rapido pensiero afferra Ghino,
fissandolo acutamente)
Tu mentisti: un tanto eccesso
no, quel cor non ha macchiato.

GHINO
Testimon sarai tu stesso
dell'oltraggio a te recato.
Come il ciel di luce privo
chiami al sonno ed al riposo,
alla Pia verrà furtivo
chi t'offende...

NELLO
(con estremo furore)
Andiam... Fui sposo!
Sol, che tardi... il corso affretta...
cedi all'ombre...

GHINO
Ah! m'odi ancor

NELLO
Più non odo...

GHINO
Almen...

NELLO
Vendetta

GHINO
Pria.

NELLO
Son cieco di furor.
Del ciel che non punisce
(qual uomo privo affatto di ragione)
emenderò l'errore...
Già il mio pugnal ferisce,
de' rei già squarcia il core...
Le palpitanti vittime
io premo già col piè.

GHINO
Sei pago, amor furente?
S'appresta orrendo scempio...
Le mie virtudi hai spente,
m'hai reso un vile, un empio...
Gioisci, esulta, o demone,
e lei perdesti... e me!

Nello esce furibondo, seco traendo Ghino per un braccio.

QUADRO TERZO

Appartamenti di Pia. È notte.

Scena nona
Ubaldo ed Armigeri dalla sinistra.

UBALDO
Di Ghino il cenno udiste?
Ascosi fra le piante, ove la notte
regna più densa, e scura,
cautamente vegliate.
S'avanzerà l'indegno a queste porte;
accesso v'abbia; uscirne a lui sia morte.

ARMIGERI
Inoltriam fra l'ombre avvolti;
niun ci vegga, niun ci ascolti.
Della notte col favor
si tradisca il traditor.

Partono.

Scena decima
Pia dalla stanza da letto.

PIA
Tutto è silenzio un mormorio sommesso
udir mi parve... Inganno
fu del pensier, che vede
perigli ovunque! Il tenebroso velo
stese la notte... incalza
l'ora, e il fratello...
Odesi battere leggermente alla porta del verone.
Ah! giunse... Il cor mi balza.
(chiude la porta e apre il verone)

Scena undicesima
Lamberto e detta.

LAMBERTO
(nella massima agitazione)
Ah, signora...

PIA
Tu, Lamberto!...
Deh! che fu?...

LAMBERTO
Si tende al certo
un agguato... Gente in armi
si nascose...
(indicando dalla parte de' giardini)

PIA
Egli è perduto.

LAMBERTO
Donna! Il sangue fai gelarmi!...
Di'? Non oso... Hai tu potuto?...

PIA
L'uom, che attendo, è mio fratello.

LAMBERTO
Egli!... Al misero l'avello
si dischiude!... Tardi apprendo!...
Lo potea...

PIA
Chi viene?...

LAMBERTO
È desso.

Scena dodicesima
Rodrigo e detti.

RODRIGO
Pia...

PIA
Qual fulmine tremendo!...

RODRIGO
Che...

Lamberto corre a chiudere il verone.

LAMBERTO
Respira: è salvo adesso.

PIA
E fia ver?

LAMBERTO
Segreta via,
d'onde il padre un dì fuggia...
(si accosta alla parete infondo, e rimossa una parte
della tappezzeria scopre un uscio segreto)

PIA
Oh, gioia!.. Ne minaccia gran periglio...

RODRIGO
Che mai sento!

PIA
Esci.

LAMBERTO
Ah sì...

PIA
Fra queste braccia
un momento, un sol momento
il fratel stringendo al petto
pianger deggio, e palpitar!...

RODRIGO
Tanto duolo e tanto affetto
mi costringe a lagrimar...

PIA e RODRIGO
(sempre l'uno nel braccio dell'altro)
Ah! ne tolse orrenda guerra
l'adorato genitore!...
Cruda morte di dolore
poi la madre c'involò!...
Sventurati! Sulla terra
solo il pianto a noi restò!

Scena tredicesima
I suddetti e Nello di dentro.

NELLO
L'uscio dischiudi, o perfida.

LAMBERTO
Nello!...

RODRIGO
Colui!...

PIA
Non senti.
Odonsi frequenti colpi dalla porta a sinistra.
Va'...

NELLO
Traditori!...

Rodrigo, fremente di rabbia pone la destra sull'elsa, ma
viene trattenuto da Lamberto.

PIA
Affrettati.
Che indugi omai? Che tenti?...

RODRIGO
Egli osa provocarmi: io voglio...

PIA
Ah! tu vuoi farmi
spirar d'angoscia, o barbaro,
e di terror...

Intanto soccorsa da Lamberto ha condotto Rodrigo
verso l'uscio segreto.

Scena quattordicesima
Nello, Ghino e detti.

NELLO
(prorompendo dalla porta)
Ch'io sveni entrambi...

PIA
Ah! fuggi!

NELLO
Oh! rabbia!...

GHINO
Ubaldo? Ubaldo?

LAMBERTO
(piano a Rodrigo e uscendo con esso per l'uscio
segreto)
Vieni...
Di lei pietade...

PIA
Orribile
sul cor mi piomba un gelo!...

Scena quindicesima
Servi con altri doppieri, Ubaldo,
Bice, uomini darmi, damigelle e detti.

NELLO
Fuggito egli è!...

UBALDO
(uscendo pel fondo cogli uomini d'armi)
Raggiungasi.

NELLO
(scagliandosi per uccidere Pia)
Mori...

GHINO
(disarmandolo cogli altri)
T'arresta...

BICE e DAMIGELLE
Oh! cielo!

PIA
Sposo...

NELLO
Il pugnal...

BICE
Deh! scostati
Non vedi il suo furor?

NELLO
Il mio pugnal rendetemi.

PIA
Io muoio.
(cade al suolo, tramortita)

BICE e DAMIGELLE
Qual terror!...

Un momento di spaventevole silenzio. Le donne
sollevano la Pia, e l'adagiano su una seggiola: il
pallore della morte le copre il volto, e angoscioso
anelito solleva il suo petto. Nello resta immobile.

BICE
Deh, calma le furie del core sdegnato.

DAMIGELLE
Ah! tu della misera ben vedi lo stato:
l'orror, lo spavento de' sensi la priva,
più spenta che viva d'ìnnanzi ti sta.

NELLO
Ah! come congiungere il cielo potea
il volto d'un angelo ad alma si rea,
di tanto delitto macchiarsi quel core.
È spento l'onore; più fede non v'ha.

GHINO
(Ahimè, quell'anelito il core mi gela.
Sospesa una lagrima il ciglio mi vela.
Ho l'alma commossa, la mente agitata.
Ancor dell'ingrata io sento pietà!)

PIA
Non regge quest'anima in tanto periglio...
Un velo funereo ingombra il mio ciglio...
Fantasmi di morte intorno rimiro!...
L'estremo sospiro sul labbro mi sta!...

Scena sedicesima
Uomini d'armi e detti.

UBALDO
Quel codardo ne deluse!...
Rinvenirlo io non potei!

NELLO
Ah! l'averno si dischiuse,
per sottrarlo ai colpi miei...

GHINO
(D'ira avvampo!)

NELLO
Svela, o Pia,
come... d'onde il vil fuggia...
Tu da me la vita avrai,
se di lui vendetta avrò.

PIA
Io tradirlo? No giammai:
mille volte pria morrò.

NELLO
(nel massimo furore)
L'empia cingete d'aspre ritorte,
alle Maremme sia trascinata.
Lunga, crudele, tremenda morte
ivi t'aspetta, o scelerata...
Vanne perversa... di te soltanto
per maledirti mi sovverrò.

GHINO
(Ahi sciagurato! Dove mi spinse,
della vendetta l'empio desìo.
L'astro del giorno per lei si estinse,
ma più infelice di lei son io.
Tutta una vita trarrò nel pianto,
e di me stesso l'orror sarò!)

PIA
Qual fera morte a me s'appresta!
V'è donna al mondo più sventurata?
Nella suprema ora funesta
sarò da tutti abbandonata!...
Del mio ministro a me d'accanto
suonarla prece io non udrò!

UBALDO e UOMINI DARMI
Ormai ne segui... È vano il pianto.
Il tuo destino cangiar non può.

BICE e DAMIGELLE
Il ciel preghiamo; ché il ciel soltanto
all'infelice soccorrer può.

Ubaldo e gli uomini d'armi prendono Pia.

 


PARTE SECONDA

QUADRO PRIMO


Vecchia sala d'armi nel castello della Maremma.

Scena prima
Ghino e Ubaldo.

UBALDO
Tu, Ghino, alle Maremme!

GHINO
Ah! di': la Pia?...

UBALDO
Geme fra quelle mura, e si distrugge per lenta febbre.

GHINO
Ho d'uopo
vederla, Ubaldo... qui la traggi.
Ubaldo entra nella prigione di Pia.
Ancora
sull'adorato labbro
starà l'oltraggio e la repulsa? O vinta
dalla sciagura?... Fra la speme ondeggio,
e fra il timor.

Scena seconda
Pia e Ghino.

PIA
Chi veggio!...

GHINO
L'uom, che salvarti e vuole, e può.

PIA
Tu!... Come?

GHINO
All'amor mio t'arrendi, e pronta fuga...

PIA
Taci,
lingua d'averno... Chi son io scordasti?

GHINO
E chi sei tu?

PIA
La sposa
di Nello.

GHINO
Infida sposa.

PIA
Io!

GHINO
Non tradisti
il tuo dover, l'onore?...
In quella orribil notte un seduttore
non accogliesti?...

PIA
Ciel!... che dici!... Accolsi
Rodrigo, il fratel mio...

GHINO
Donna... fia vero!...

PIA
Crudele inganno!... Ah! dunque
spergiura anch'ei, Nello, m’estima?... E quanto
credei furor di parte,
era gelosa rabbia!... Il fosco nembo,
che intorno a me ruggìa, sparisce!

GHINO
(abbassa la fronte, e rimane alquanto silenzioso)
Odimi, o Pia.
Per sempre dai viventi
di Nello un cenno ti separa, e Nello
sveller giurò dalla sua fronte i rai
anzi che più vederti. Ubaldo è schiavo
del mio voler: tu sei
già nella tomba; dalla tomba Ghino
sol può sottrarti, ed egli
t'offre il suo core... o morte.

PIA
Iniquo!

GHINO
Scegli.

PIA
Morte, o colpa? Tu ben sai
la mia scelta.

GHINO
Forsennata!...
Scegli?...

PIA
Morte.

GHINO
Ah! tu morrai
dalle genti abbominata...
e l'infamia un negro velo
sul tuo nome stenderà.

PIA
Benedetta e pura in cielo
il Signor m'accoglierà.
Dei miei giorni tronco il corso
fia tra poco... Ah! pensa, o Ghino,
quale in cor ne avrai rimorso!

GHINO
(Ahi! tormento!...)

PIA
Errar vicino
uno spettro ti vedrai...
il mio spettro!...

GHINO
Taci... (Ahimè!)

Ghino è raccapricciato: Pia cangia il tono severo in
quello della più commovente preghiera giungendo le
palme, e cadendo genuflessa innanzi lui.

PIA
Deh! ti cangia...

GHINO
Ciel!... che fai?...
Tu prostrata innanzi a me!

PIA
Ti muova il gemito dell'innocente...
La prece ascolta d'un cor morente.
Sorga del fallo in te l'orrore,
rendimi, ah! rendimi vita ed onore...
E la tua colpa fia cancellata,
ed io col cielo perdonerò.

GHINO
(Mi scende all'anima il suo lamento
a ragionarvi di pentimento
potrei lasciarla fra le ritorte
in braccio a lunga, terribil morte,
e senza colpa disonorata?...
No, tanto perfido il cor non ho.)

PIA
Ah, nel tuo seno atroce
non giunge la mia voce!...
Addio...
(avviandosi alla sua prigione)

GHINO
T'arresta...

PIA
Oh, giubilo!...
Ghino cerca di nascondere il volto.
Veggo negli occhi tuoi...
La mal frenata lagrima
invan celar mi vuoi.

GHINO
Donna...

PIA
Perché t'arresti?...
Finisci...

GHINO
Ah! sì, vincesti...
Corro a squarciar le tenebre
d'inganno sì fatale...
Corro di Nello a spegnere
l'ira crudel, mortale...
Quindi a me stesso in core
un ferro immergerò.

PIA
Che dici!... Qual furore!...

GHINO
Omai decisi.

PIA
Ah! no.

GHINO
Può la mia fiamma estinguersi
col viver mio soltanto...
Meglio è morir, che vivere
in disperato pianto...
Ah! sul mio freddo cenere
spargi talvolta un fiore...
A chi negasti amore
concedi almen pietà.

PIA
Sgombra sì nere immagini...
A Dio solleva il core,
e forza avrai per vincere
un condannato amore.
Scosso dal reo delirio,
alla virtù rinato,
raggio del ciel placato
il viver tuo
sarà.

Ghino parte: Pia torna alla sua prigione.

Scena terza
Ubaldo e uno scudiere. Ubaldo viene dal
carcere di Pia, e ne richiude la porta. Si avanza uno
scudiere, gli porge un foglio, ed esce. Ubaldo legge.

UBALDO
"Divamperà tremenda oggi la guerra,
ed io spento nel campo
forse cadrò: non voglio
che alla pena fuggir possa la colpa;
quindi, se rivocato il cenno mio
non è sì che biancheggi
l'alba del dì novello,
mora la Pia, mora: lo impongo. Nello."

 

QUADRO SECONDO


Atrio d'un eremitaggio. La notte è inoltrata, il cielo è
nerissimo ed imperversa una tremenda bufera.

Scena quarta
Piero ed altri romiti.

TUTTI
Il mugghiar di sì fera procella
par del cielo funesta minaccia!
Par di Dio la tonante favella
quando all'empio la colpa rinfaccia!
No, giammai più terribile guerra
il creato sconvolto non ha!
Divo Spirto, il cui sguardo penétra
ogni via degli abissi profondi,
al cui cenno raggianti per l'Etra
l'ampio giro descrissero i mondi,
ah! placato sorridi alla terra,
e del nembo l'orgoglio cadrà.

PIERO
Un calpestio di rapidi cavalli,
fra il sibilar de' venti,
l'udito mi colpì. Qualunque sia
che dal furor di sì malvagia notte
cerchi un asil, qui tragga
il passo errante.

Scena quinta
Nello con seguaci e detti.

NELLO
Piero...

PIERO
Io non traveggo!
Nello!

NELLO
Sconfitte dal nemico brando
fur di Siena le squadre, e trascinate
pel campo, entro la polve,
di Manfredi le insegne... Al mio castello
movemmo, e l’orme nostre
seguia dappresso un folto stuol repente
di Guelfi... L'uragano, e la sorgente
notte ad essi ne tolse... I giorni miei
deggio alla fuga!... Oh rabbia!

PIERO
Gli ardenti spirti acqueta
ed al voler t'inchina
di lui, che a torto non punisce.

NELLO
O vecchio,
una parola onde ferirmi hai detta!

PIERO
Di tua crudel vendetta
il grido risuonò: viva sepolta
fu la tua sposa. Io di quel core, o figlio,
i più riposti affetti
conosco appieno. A me sovente aperse
gl'interni suoi segreti
quell'anima dolente. A me t'affida.
Rea di nefando eccesso
non è la tua consorte.

NELLO
Solo un istante dubitar vorrei
dell'onta mia; darei
per quell'istante mille vite. Ahi! Cruda
certezza ho della colpa!...
Pietà sì viva di colei tu senti?
E pietade non hai de' miei tormenti?
(gettandosi nelle braccia di Piero con
abbandono di dolore)
Lei perduta, in core ascondo
una serpe... un dardo acuto...
Per me tomba è fatto il mondo;
parmi il ciel aver perduto.
Ah! la perfida consorte
io detesto... ed amo ancor!...
D'ogni strazio, d'ogni morte la
mia vita è assai peggior!
Si ode uno strepito d'armi quindi un grido lamentevole.
Fragor di spade!...

PIERO
Un gemito!...

NELLO
Si corra...

Scena sesta
Ghino e detti. Egli è ferito mortalmente: si
avanza a lenti passi, ed appoggiandosi alla spada.

TUTTI
(tranne Ghino)
Oh, ciel!...

NELLO
Tu, Ghino!

PIERO e CORO
Scena funesta, orribile!...

GHINO
Compiuto è il mio... destino...

NELLO
Ahi!...

GHINO
Mi svenò... drappello di Guelfi...

NELLO
E d'onde?...

GHINO
O Nello...
mi tragge... a... te, benefica,
celeste man... La Pia
non è... non è colpevole...

NELLO
Fia vero!... E l'uom che ardia
venir fra l'ombre avvolto?...

GHINO
Era... il fratel...

NELLO
Che ascolto!

GHINO
Lei salva... ed il mio... cenere
non maledir... l'amai...
fui dispregiato... e... perderla
entro al mio cor... giurai...

NELLO
O Pia... Malvagio...
(mettendo la mano sull'elsa)

PIERO e CORO
Arrestati...
Il ciel ti vendicò.

GHINO
Io muoio... deh! perdonami...

PIERO e CORO
(supplichevoli a Nello)
Signor...

GHINO
Per ...do...

La sua parola è tronca dall'ultimo singulto: Nello
protende la destra sul di lui capo, in atto di perdono.

PIERO e CORO
Spirò!

NELLO
Dal mio ciglio è tolto un velo!...
Sì, Rodrigo... in campo egli era!...
Ed il foglio!... Ed ella!... Oh, cielo!
(alla sua gente d'armi)
Mi seguite...

PIERO
Ah! trista, e nera
è la notte... i nembi orrendi
imperversano tuttor...
qui soggiorna, e l'alba attendi...

NELLO
(preso da tremito convulso)
L'alba!... L'alba!... Oh, mio terror!
Dio pietoso, un cor ti parla
pien d'angoscia, e di spavento...
Tu soltanto puoi salvarla...
Opra, o Nume, un tuo portento...
Ah! Quell'angelo d'amore
serbi a me la tua pietà.
E l'inferno, che ho nel core,
ciel di gioia diverrà.

PIERO
(Onde in lui cotanto orrore!...)

CORO
(Quale arcano asconderà!)

Nello parte precipitosamente; i suoi guerrieri lo seguono.


QUADRO TERZO


Prigione di Pia.

Scena settima
Pia seduta su uno sgabello, con la testa appoggiata ad
una rozza tavola: ella è immersa in torbido sopore,
pallida n'è la fronte, difficile il respiro, e sovente un
tremore agita le sue membra. Ubaldo viene, rilegge
tacitamente il foglio di Nello, alzagli occhi alla finestra:
albeggia: egli si trae dalle vesti una ampolla, e ne versa il
licore entro una tazza colma d'acqua, che sta sulla
tavola.

UBALDO
A questo nappo beverà tra poco
il tuo labbro assetato, e dormirai
ben, altro sonno!

PIA
Eterno Dio!
(con grido acutissimo, e balzando in piedi spaventata)
Respiro...
Il mio pensier deliro
creò nel sonno immagini feroci!
(come riandando a ciò che le apparve in sogno)
A questo sen pentito
il consorte io stringea... quando nel fianco
l'acciaro insidioso
gl'immerse un Guelfo... a' piedi miei lo sposo
cadde spirando: balenò sanguigno
un infernal sorriso
dell'omicida in volto... ed era il volto
di Rodrigo! Frattanto,
spaventevole a dirsi!
La morta spoglia alto levossi, e forme
vestì di truce demone!... Gli artigli
nell'uccisor figgendo,
mise un urlo tremendo
e con la preda si lanciò nell'imo
de' spalancati abissi!... Orribil sogno!...
Ah! la febbre cocente
più cresce!... Atroce sete mi divora!...

La coppa fatale si presenta al di lei sguardo, ed ella vi
stende ansiosa la mano. Ubaldo rimasto sempre indietro, fa
un moto quasi involontario, per trattenerla, ma ristà
immantinente. Pia beve.


UBALDO
(Meglio è penar brev'ora,
e poi riposo eterno!
Al di novello respirar più liete
aure mi fia concesso.)

PIA
(abbandonandosi a sedere)
Ah! la pietade, o Ghino,
l'ale impenni al tuo corso...
e tu vieni, crudel, che amai cotanto,
a rasciugar d'un infelice il pianto.
Sposo, ah! tronca ogni dimora...
al mio sen, deh! vola, o Nello;
dimmi: t'amo... ed all'avello
questo accento mi torrà.
Ah! la Pia, se indugi ancora,
preda fia d'acerba morte,
ed al bacio del consorte
più risponder non potrà.

Scena ottava
Nello con seguaci e detti.

NELLO
(ancor dentro)
Pia?

PIA
La voce!...

NELLO
(come sopra)
Sposa?... Pia?...

PIA
Egli!... Ah! dunque i miei sospiri,
cielo, udisti!...

UBALDO
(Ahimè! che fia! ...)

NELLO
Non vaneggio!... Tu respiri...
Gioia immensa!...

PIA
Rea non sono...

NELLO
Sì, m'è noto... Il tuo perdono...
(volendo inginocchiarsi)

PIA
(abbracciandolo)
Al mio sen... Gran Dio... non reggo
all'eccesso del contento...
Tremo... agghiaccio... nulla veggo...
Nello?

NELLO
Pia!...
(adagiandola sopra uno sgabello)

PIA
Mancar mi sento...

NELLO
(è compreso da un atroce sospetto: i suoi occhi si
rivolgono a Ubaldo che in preda al suo terrore cerca
di fuggire)
Che facesti, sciagurato?

UBALDO
(gettandogli innanzi ai piedi il suo foglio)
Surse il di, né rivocato fu quel cenno...

NELLO
(con orrenda ansietà)
Ebben?...

UBALDO
(esitante)
Le porsi...

NELLO
Parla, o crudo...

Odesi un procedere di passi concitati, e voci
di spavento, che gridano.

CORO
I Guelfi!...

NELLO
Parla.

UBALDO
Un veleno.
Nello alza un grido disperato.

RODRIGO
(seguito da una schiera di Guelfi)
In tempo corsi
a salvarti...

NELLO
A vendicarla.
Io la uccisi.

RODRIGO
Che!...

NELLO
Nel seno
ella chiude un rio veleno...

RODRIGO
Ah!
(scagliandosi per uccidere Nello)

NELLO
Ferisci.

PIA
(raccogliendo le sue ultime forze, e cadendo
a' piè di Rodrigo)
No... che fai?

RODRIGO
Donna...

PIA
Colpa in lui non è...
Sposa infida... gli sembrai...
Un rival credeva... in te.
Rodrigo resta immobile, palesando estremo dolore.
Ella si volge ora allo sposo, ora al fratello.
Ah! di Pia... che muore... e geme
se pietà... vi... scende in petto...
fine all'odio... un santo affetto
l’alme vostre... unisca... ognor...
e per me... versate insieme...
qualche... lagrima... talor...
Tutti piangono amaramente: la spada fugge di mano a
Rodrigo. Nello si precipita fra le sue braccia.
Or la morte... a cui... son presso...
non ha duol... non ha spavento...
è un sorriso... di contento...
è del giusto... la mercé...
da quel caro... e santo amplesso
incomincia... il ciel... per... me...

RODRIGO
Pia!...

NELLO
Consorte...
Ella spira fra le loro braccia.

RODRIGO e NELLO
Agli occhi miei
fosco vel ricopre il dì!...

CORO
Ella è spenta, ma per lei
non la tomba, il ciel s'aprì!